LA STORIA DEL FLAUTO (Giovanna Lorenzo)
Il flauto traverso è
un genere di flauto, strumento musicale della famiglia dei legni,
quindi un aerofono.
Struttura e funzionamento
Il
suo nome (anticamente: traversiere) deriva da traverso proprio
perché si suona di traverso. Nella sua forma moderna, il flauto traverso (anche
noto come flauto traverso da concerto occidentale) è costruito normalmente in
metallo. Ha forma cilindrica nel corpo centrale e nel trombino, leggermente
conica nella testata. Lo strumentista, detto flautista, suona soffiando
nel foro d'imboccatura e
azionando un numero variabile di chiavi (aperte o chiuse), che aprono e
chiudono dei fori praticati nel corpo dello strumento, modificando così la
lunghezza della colonna d'aria in vibrazione contenuta nello strumento stesso e
quindi variando l'altezza del suono prodotto.
L'emissione
del suono è dovuta all'oscillazione della colonna d'aria che, indirizzata dal
suonatore sull'orlo del foro d'imboccatura, forma vortici che ne provocano
l'oscillazione dentro e fuori dal foro mettendo in vibrazione l'aria
all'interno dello strumento.
La
forma moderna del flauto (cilindrico, a dodici o più chiavi) è dovuta alle
modifiche applicate ai flauti barocchi (a loro volta derivanti da più antichi
flauti a sei fori) dal tedesco Theobald Boehm (1794-1881)
e ai successivi perfezionamenti ideati dai fabbricanti di scuola francese.
Composizione
·
testata
·
corpo
centrale
·
trombino (o, imitando l'inglese, piede)
I 3
pezzi vengono montati assieme tramite innesti a baionetta: lo strumento montato
è lungo circa 65 centimetri con un diametro interno di circa due centimetri (lo
spessore del materiale, nei flauti di metallo, è inferiore al millimetro,
mentre è di alcuni millimetri per i flauti in legno). La testata è inserita nel
corpo tramite un innesto lungo alcuni centimetri, che viene usato come
dispositivo di accordatura: variando l'inserimento della testata nel corpo si
regola la lunghezza complessiva dello strumento e, di conseguenza, l'intonazione. In passato
questa tecnica veniva usata anche per variare la tonalità dello strumento,
modificandone la nota fondamentale di diversi toni: questo però produce
stonature nella tessitura dello strumento e la pratica fu abbandonata con
l'avvento di strumenti completamente cromatici.
La
testata è chiusa a un'estremità da un tappo dotato di un foro filettato che ne
permette l'aggiustamento mediante la rotazione di una ghiera ("tappo a
vite") e la cui funzione è permettere il bilanciamento delle ottave, operazione
che viene fatta raramente.
Il
corpo contiene tutte le altre chiavi, con una disposizione che ammette alcune
varianti. Le più popolari riguardano le chiavi del Sol che possono essere
allineate (Sol in linea) o leggermente spostate verso l'esterno per una
posizione più comoda delle dita (Sol fuori) e il cosiddetto "Mi snodato"
o "Mi meccanico", un dispositivo che facilita l'emissione del
Mi5. Le opinioni dei flautisti su quest'ultimo dispositivo sono discordi:
alcuni ne sono decisi assertori, altri ritengono che l'appesantimento della meccanica
non sia compensato dalla facilitazione da esso introdotta.
Esistono
due versioni di trombino: in Do (la più comune) porta tre chiavi comandate da
un gruppo di leve, azionate con il mignolo della mano destra, che permettono di
produrre le note Do3 Do♯3 (ottava grave) e Re♯3 (ottava
grave e intermedia). Più rari sono i trombini discendenti al Si (Si2)
essi sono più lunghi e hanno una chiave addizionale che viene comandata da una
leva dedicata, inserita nel gruppo che comanda le altre chiavi. Oltre alla
produzione del Si2, questa chiave, se presente, facilita
notevolmente anche l'emissione del Do6 (la nota più alta
dell'estensione standard del flauto).
Estensione
Il
più usato dei flauti (flauto traverso in Do) possiede un'estensione che va dal
Do centrale (Do3) fino al Do6 e comprende quindi 3
ottave.
I
flauti moderni possono raggiungere un'estensione di tre ottave e mezza, e
alcuni flautisti sono in grado di emettere il Do7, portando
l'estensione dello strumento a quattro ottave piene. La quarta ottava, molto
scomoda sia per emissione che per diteggiatura (quasi impossibile su strumenti
d'epoca), è per questo poco usata nel repertorio flautistico, anche se negli
anni recenti alcuni compositori hanno spesso usato il Re.
Timbro
Il
flauto ha un suono limpido anche se un po' freddo, ma la brillantezza del
suo timbro lo
ha reso adatto, per esempio, per imitare il canto degli uccelli, caratteristica
usata in molti brani di diversa provenienza: esempi nella musica classica sono
il concerto Il
cardellino di Antonio Vivaldi, il
concerto nella Sinfonia
pastorale di Ludwig Van Beethoven e la parte dell'uccellino Sasha in Pierino e il lupo di Sergej Prokof'ev; nella musica jazz il brano Conference of the birds di Dave
Holland e il brano serenade to a cuckoo di Roland Kirk ;
nella musica
popolare irlandese la giga Lark in the morning (normalmente
affidata al flauto traverso irlandese a sei fori).
Inoltre,
la sua discendenza popolare (non bisogna dimenticare che, essendo uno degli
strumenti di più facile fabbricazione, il flauto è anche uno dei più antichi e
diffusi nella musica popolare) faceva sì che il flauto evocasse ambienti pastorali e bucolici,
molto frequentati in musica e nelle arti in genere dal XVI al XIX secolo: si
vedano a questo proposito la già citata Sinfonia pastorale e
la raccolta Il
pastor fido, opere che già nel titolo rivelano la loro
ispirazione e che contengono importanti parti per flauto (la seconda è una
raccolta di sei sonate per flauto e basso continuo attribuite a
lungo ad Antonio
Vivaldi, ma nuovi studi le hanno attribuite a Nicolas
Chédeville).
Come viene prodotto il suono
Il
suono viene prodotto dal flusso d'aria che si frange contro lo spigolo del foro
di insufflazione presente sulla testata. In questo modo viene eccitata la
colonna d'aria all'interno del tubo e ha inizio la vibrazione sonora.
L'emissione di note di diversa altezza avviene chiudendo i fori, tramite le
"chiavi" (i tasti) e controllando in questo modo l'altezza della
colonna d'aria che viene messa in vibrazione. Le chiavi possono essere forate,
per permettere effetti di glissato (passaggio
da una nota all'altra senza salti tonali) ed una maggiore proiezione di suono.
Altri effettiL'emissione
del suono, nel flauto, può essere variamente modificata. Oltre alle tecniche
standard che consentono il legato e staccato, ottenute
occludendo con la lingua il flusso d'aria, si hanno i cosiddetti doppi e tripli
staccati: poiché la ripetizione della consonante /t/ oltre una certa velocità risulta molto difficoltosa,
se non impossibile, la si alterna alla consonante /k/, raggiungendo in questo modo velocità anche molto
elevate. L'uso del doppio e triplo staccato è cambiato secondo il gusto delle
epoche: nel rinascimento e nel barocco, ad esempio, le consonanti velari /k/e /g/ erano considerate aspre, adatte solo a certi tipi
di affetti,
e in loro vece si preferivano altre articolazioni come "did'll" e
"did'ldi" (Quantz)*,
"te lé", "te ré", etc.
Un
effetto molto suggestivo è il frullato (ted. Flatterzunge, fr. frappé o trémolo
dental), tecnica che consiste nel soffiare pronunciando contemporaneamente
le consonanti "tr", "dr" o "vr" per far vibrare
la parte anteriore della lingua oppure la consonante "r" (pronunciata
come la "r" francese) per far vibrare la parte posteriore della
lingua.
Un'altra
tecnica eterodossa in uso nella musica jazz e rock, introdotta dal polistrumentista
afroamericano Roland Kirk e
resa famosa dal flautista britannico Ian Anderson, leader
dei Jethro Tull, consiste nel cantare contemporaneamente
all'emissione del suono. La nota cantata può essere all'unisono con quella
emessa dallo strumento, ma anche a distanza di una terza maggiore, una quarta o
una quinta. Il timbro dello strumento ne risulta assai modificato, diventando
più scuro e pastoso ma con effetti stridenti soprattutto nel registro
medio-acuto. Tra i vari gruppi progressiveche hanno
adottato questa tecnica in alcuni dei loro brani vanno ricordati i Focus,
i Delirium e i New Trolls nell'album Concerto Grosso.
Altri
effetti particolari ricorrenti in vari generi musicali sono ottenuti
utilizzando il suono ottenuto chiudendo con forza le chiavi, soffiando nel
flauto senza porlo in risonanza, utilizzando solo la testata o solo il
trombino.
La famiglia dei flauti traversi
Esistono
svariati tipi di flauti che si differenziano, oltre che per il materiale, per
alcuni aspetti meccanici ed estetici. La famiglia dei flauti traversi ha
diversi componenti:
·
l'ottavino,
in Do (mancano però le due chiavi per il Do e Do♯ bassi), che, come indica il
nome stesso, produce suoni più acuti di un'ottava rispetto al flauto ordinario
(ma ne esiste anche una versione in Re♭);
·
il flauto soprano, in Sol (un'ottava più acuta
del flauto
contralto), in Fa e in Mi♭; questi flauti combinano le
caratteristiche dell'ottavino con quelle del flauto ordinario;
·
il flauto traverso (flauto da concerto), in Do;
·
il flauto tenore (o
flauto d'amore), in Si♭
(notare la strana denominazione che lo vorrebbe più basso del flauto contralto;
sarebbe più giusto chiamarlo flauto mezzosoprano);
·
il flauto contralto in
sol (una quarta più basso del flauto ordinario); è (come tutti gli strumenti
non in Do) uno strumento
traspositoreperché suonando la nota corrispondente al Do si produce
il Sol alla quarta inferiore;
·
il flauto basso in Do
(un'ottava più grave del flauto ordinario);
·
il flauto
contrabbasso in Sol (un'ottava più grave del flauto contralto),
chiamato anche – dalla traduzione inglese – Contra-alto;
·
il flauto
contrabbasso in Do (due ottave sotto l'ordinario);
·
il flauto
subcontrabbasso in Sol (doppio contra-alto) o in Do (doppio
contrabbasso);
·
il flauto iperbasso in
Do.
I
flauti di uso comune sono, oltre il flauto ordinario, il flauto contralto,
l'ottavino, e molto più raramente il flauto basso in Do. Gli altri membri della
famiglia, tutti rari o rarissimi, trovano impiego solo nelle orchestre di
flauti anche a causa dell'elevato costo e dell'intonazione problematica. I
tagli più gravi, a partire dal flauto basso, a causa delle grandi dimensioni,
hanno tutti la testata variamente ripiegata (a U per il flauto basso, a
triangolo per i tagli superiori) per consentire l'esecuzione; i più gravi
devono essere suonati in piedi con l'aiuto di speciali supporti. Il flauto
iperbasso, che ha una lunghezza superiore agli 8 metri, è suonato quasi
unicamente dal flautista italiano Roberto Fabbriciani ed esiste in
pochissimi esemplari (forse in esemplare unico).
Strumenti derivati
Il flauto traverso irlandese è
uno strumento in legno molto usato come solista nella musica popolare irlandese
e, nelle sue diverse versioni, deriva dal flauto traverso in uso in Europa
prima dell'avvento del sistema Boehm. Ne esistono versioni con un numero di
chiavi variabile da nessuna (il più popolare, detto Simple system)
fino ad otto (che rendono lo strumento completamente cromatico: alcuni
musicisti preferiscono però avere strumenti senza chiavi e con diverse
intonazioni come accade per il tin whistle). La versione
senza chiavi ha due ottave d'estensione (corrispondenti a quelle del flauto
dolce, a partire dal Re) ed è intonata in Re maggiore; tuttavia non è uno strumento traspositore: esattamente come l'ottavino o il traversiere barocco,
è in Re perché non possiede gli ultimi fori o chiavi per raggiungere il Do
basso e le note scritte corrispondono al suono reale. Poiché le posizioni per
le note alterate senza l'aiuto di chiavi sono proibitivamente scomode o danno
luogo a note molto calanti, questo strumento è praticamente limitato a due sole
tonalità (Sol Maggiore e Re Maggiore). La versione senza chiavi ha sei fori
(più due non azionabili all'estremità del flauto); le posizioni non
differiscono da quelle del flauto standard (la posizione del Fa emette un Fa♯),
fatta eccezione per il Do♯, che viene realizzato chiudendo il foro del medio
della mano sinistra: è possibile anche – con diversa posizione – emettere il Do
naturale (che permette di eseguire pezzi in Sol). Pare che molti flauti
irlandesi attorno al XIX secolo derivassero da flauti standard provenienti
dalle bande dell'esercito inglese, a cui venivano bloccate alcune chiavi per
ricondurli alla tonalità di Re.
Breve storia dell'evoluzione dello strumento
La
storia del flauto traverso europeo, in quanto tale, inizia attorno al medioevo
(la storia del flauto in generale, per contro, è assai più antica e geograficamente
più estesa)
Nel Medioevo
Varie
fonti iconografiche e letterarie attestano la presenza di flauti traversi
in Europa almeno dal X
secolo. Gli strumenti illustrati appaiono costruiti in un unico pezzo (due per
il flauto basso): un tubo cilindrico di legno con sei fori per le dita (non
otto come il flauto dolce) più il foro di insufflazione. Dalle immagini si può
notare che lo strumento è tenuto spesso alla sinistra dell'esecutore, segno che
probabilmente era costruito con tutti i fori perfettamente allineati,
permettendo al flautista di scegliere l'orientamento desiderato.
Dal X al XIII secolo, tuttavia, lo
strumento era piuttosto raro, e pare gli fossero preferiti strumenti dritti,
simili al flauto
dolce (ma non ancora propriamente flauti dolci, la cui data di
nascita pare sia attorno al XIV secolo). Giunto in Europa dall'Asia, quasi certamente dalla Cina, attraverso gli scambi culturali mediati
dall'impero
romano d'Oriente, il flauto traverso divenne popolare in Francia e in Germania (ed era
perciò chiamato flauto tedesco per differenziarlo dagli
strumenti dritti). In questi paesi venne usato nella musica popolare e nella
musica di corte (assieme ad altri strumenti quali la viella), ma sarebbe passato
più di un secolo prima che si diffondesse nel resto dell'Europa.
La
prima citazione letteraria del flauto traverso è del 1285, in una lista di
strumenti suonanti da Adenet le
Roi. A questa citazione segue un silenzio di circa settant'anni, al
termine dei quali le fortune del flauto vennero ravvivate (attorno al 1350) da
un vento di attivismo militare. L'esercito svizzero, infatti,
adottò il flauto come strumento di segnalazione e questo lo diffuse nel
continente. Fu verso il 1500 che
il flauto traverso venne introdotto anche nelle corti come strumento
orchestrale e solista.
Nel Rinascimento (1400-1600)
Il
flauto rinascimentale, chiamato anche, nel XVI secolo, traversa, mantenne
sostanzialmente la struttura del flauto medievale. Si ha testimonianza
dell'esistenza di diverse taglie: "discantus" (oggi
detta generalmente soprano) in La (La3-Mi6) o
Sol (Sol3-Re6), "tenor-altus" (oggi
detta tenore) in Re (Re3-La5), "bassus" (oggi
detta basso) in Sol (Sol2-Re5). Si tratta di
uno strumento dall'aspetto molto semplice: un tubo di legno (di solito bosso o susino o altri alberi
da frutto) essenzialmente cilindrico (come il flauto moderno e diversamente dal
flauto barocco, conico) provvisto di un foro di imboccatura e sei per le dita,
tutti piuttosto piccoli. Era solitamente costruito in un pezzo unico, tranne la
taglia più grande, il basso, divisa in testata e corpo per motivi pratici. La
taglia media, il tenore, era la più diffusa, anche come strumento solista,
mentre il soprano e il basso erano solitamente utilizzati nei consort,
ossia piccole orchestre di soli flauti.
Da
quell'epoca sono giunti fino a noi circa 50 strumenti e diverse testimonianze
documentali in vari trattati musicali in cui compaiono descrizioni e disegni
dello strumento. Tra i più importanti:
·
Sebastian Virdung, Musica getutscht und ausgezogen, Basilea,
1511
·
Martin Agricola, Musica instrumentalis deudsch,
Wittenberg, 1529
·
Simon Gorlier, Livre de tabulature de flûte
d'Allemand, Lione, 1556
Il
flauto trova posto nei complessi di musica da camera spesso
sotto forma di strumenti intonati in Re.
Nel Barocco (1600 - 1750)
Figura di flautista tratta dai Principesdi Jacques
Hotteterre; probabilmente si tratta di Hotteterre stesso. Il flauto
è del tipo in tre pezzi in uso dalla fine del Seicento fino al 1720 circa.
Copia moderna realizzata da Boaz Berney di un flauto
costruito da Thomas Lot, Parigi, circa 1740.
Stesso flauto, smontato (il trombino è però ancora
innestato sulla seconda metà del corpo); sopra di esso, un corps de
réchange (da 415 Hz a 392 Hz).
Durante
il Seicento non abbiamo molte notizie sul flauto traverso, forse a causa del
crescente successo del violino come strumento solista e alla concorrenza
del flauto
dolce; il passaggio dal Rinascimento al Barocco ha anche segnato la
fine delle taglie intermedie, poiché il nuovo gusto tendeva a privilegiare la
melodia con accompagnamento rispetto alla polifonia tipica del Rinascimento,
rendendo quindi obsoleti i consort. Pare che nella prima parte del secolo il
flauto sia rimasto nella forma rinascimentale, ma uno strumento anonimo
conservato ad Assisi e risalente alla metà del secolo o poco più avanti
presenta, pur mantenendo un'intonazione più rinascimentale che barocca, la
medesima costruzione in tre pezzi e una chiave dei flauti che iniziano ad
apparire in Francia alla fine del secolo e che sono considerati i primi veri
flauti barocchi.
Il flauto
barocco, chiamato anche flauto a una chiave o (flauto)
traversiere, subisce molte modifiche ad opera di famiglie di costruttori di
legni che dedicano particolare cura nel perfezionarlo, in particolare la
famiglia Hotteterre** alla fine del Seicento. Lo strumento viene
diviso in tre pezzi (testata, corpo e trombino) e la cameratura non è più interamente cilindrica
come avveniva nel flauto rinascimentale: il corpo e il trombino sono ora
conici, restringendosi verso il fondo ("conicità inversa", secondo
alcuni, se rapportata a quella dell'oboe, che invece si allarga verso il
basso). Ai sei fori del flauto rinascimentale se ne aggiunge un settimo per il
mi bemolle, controllato da una chiave chiusa. L'estensione
dello strumento, di due ottave e mezza (Re3-La5, ma di
norma i compositori non si spingono oltre il Mi5), è ora
completamente cromatica. Poco più tardi, intorno agli anni '20 del Settecento,
il corpo centrale verrà diviso in due parti, di cui quella superiore
intercambiabile con altre di diversa lunghezza (dette a volte corps de
réchange, "corpi di ricambio") per consentire allo strumento di
adattarsi ai vari diapason utilizzati
nelle diverse corti europee. Per tutto il resto del Settecento e l'inizio
dell'Ottocento questo tipo di flauto in quattro pezzi e una chiave rimarrà lo
standard più diffuso, anche accanto ai modelli con più chiavi tipici della fine
del Settecento.
Il
fatto che nel corso del XVII secolo si sia iniziato a costruire i flauti (sia
traversi, sia dolci) in tre parti, mentre nel Rinascimento erano costruiti,
anche i più grandi, in un pezzo unico o al massimo in due pezzi, riflette un
significativo cambiamento nella figura del flautista professionista. Nel
Rinascimento gli strumentisti erano al servizio delle corti, e gli strumenti
che suonavano non erano di loro proprietà, bensì della cappella di corte. Tutti
gli strumenti a fiato costruiti per una stessa cappella erano accordati su uno
stesso La, ma questo poteva
variare moltissimo fra una cappella e l'altra, anche di più di mezzo tono In seguito, i
virtuosi iniziarono a spostarsi da una città all'altra per le loro esibizioni,
portando con sé i propri strumenti; per risolvere i problemi legati alla
diversità del diapason nelle varie cappelle e al trasporto dello strumento, si
cominciò a costruire flauti prima in tre pezzi, come i flauti di Hotteterre,
e poi in quattro sezioni: per piccole variazioni di accordatura era sufficiente
inserire la sezione centrale più o meno profondamente nella testata, ma oltre un
certo limite era necessario sostituire del tutto la sezione centrale con una di
lunghezza diversa e con le distanze tra i fori alterate proporzionalmente. I
flautisti dell'epoca barocca possedevano quindi strumenti che avevano una
dotazione di due, tre o anche più sezioni centrali intercambiabili,
diversamente accordate.
Fra
i flautisti, oltre che teorici, più importanti del periodo troviamo Jacques
Hotteterre, Johann
Joachim Quantz (autore di un importante trattato, lavorò alla
corte di Federico
II di Prussia, anch'egli appassionato flautista di cui era
l'insegnante), Benedetto Marcello e Pierre-Gabriel
Buffardin, che fu inoltre maestro di Quantz, cui probabilmente Johann
Sebastian Bach dedicò alcune delle sue composizioni per flauto.
Fra
i costruttori più importanti del periodo troviamo, oltre ai già citati
Hotteterre e Quantz, Jean-Hyacinth (oJohannes Hyacinthus) Rottenburgh,
Carlo Palanca e Jacob Denner.
Nel Classicismo (1750-1820)
Con
le sue qualità timbriche e omogenee si adatta in perfetta simbiosi con il
pensiero e l'armonia classica, sia usato come strumento da accompagnamento che
solistico in particolare usato in Francia. In questo periodo
molti artigiani iniziano ad aggiungere chiavi, per semplificare alcune
diteggiature scomode e per omogeneizzare il suono. Queste chiavi possono essere
per il fa basso e medio (nota dall'intonazione particolarmente problematica sul
flauto a una chiave), il sol diesis/la bemolle basso (ha suono molto debole e
velato sul tipo a una chiave), si bemolle/la diesis basso (posizione scomoda e
dalla resa debole sul tipo a una chiave), do medio (suono velato sul tipo a una
chiave). Già anche in precedenza alcuni avevano tentato di portare l'estensione
al do basso. Gli artigiani fanno inoltre in modo che il registro acuto, in cui
i compositori cominciano ad avventurarsi con più frequenza, sia di più facile
emissione.
Tra
i diversi artigiani che in questo periodo apportarono migliorie allo strumento
possiamo ricordare Godfroi Adrien (o Godfridus Adrianus)
Rottenburgh, August Grenser, Heinrich Grenser, Joseph Tacet, William Henry
Potter, Johann
George Tromlitz (scrisse un importante trattato) e Capellier.
Nel Romanticismo (1820-1900)
A
questo punto la storia del flauto si biforca: da una parte l'evoluzione del
flauto classico prosegue conservando la conicità della cameratura e
sostanzialmente lo stesso tipo di chiavi (l'estensione si amplia raggiungendo
frequentemente il si basso ed eccezionalmente anche il sol sotto il do
centrale), mentre dall'altra Theobald Boehm, partendo da
nuovi presupposti fisici e acustici, inizia gli esperimenti che porteranno al
flauto attuale a cameratura cilindrica; durante la seconda metà dell'800 il
flauto Boehm, il cui brevetto risale al 1847, ottiene giudizi contrastanti
finché, ai primi del '900, il flauto conico vecchio sistema viene abbandonato.
In
questo periodo il flauto trova un vasto impiego orchestrale, e viene
specialmente messo in luce nelle opere degli impressionisti Claude Debussy e Maurice Ravel che
sfruttano sfumature dello strumento poco conosciute.
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